Intervista a Gianni Franco, Key Account Manager Tomato high-tech & Trade Partnership Manager
È possibile far fronte alla continua richiesta di pomodoro di qualità, per tutto l’anno e in maniera sostenibile?
La domanda rientra in un più ampio e urgente quesito che riguarda oggi tutto il mondo dell’agricoltura: come produrre quantità sempre più elevate di ortaggi, in modo da soddisfare i bisogni alimentari della popolazione mondiale e andare incontro alla crescente richiesta della GDO ma, soprattutto, come farlo in modo sostenibile, riducendo al minimo l’impatto ambientale.
Nella coltivazione del pomodoro, la risposta arriva dalle serre hi-tech, una soluzione all'avanguardia e amica dell'ambiente, che permette di massimizzare la produttività, senza rinunciare alla qualità degli ortaggi prodotti.
Nonostante comporti investimenti elevati, il settore delle serre tecnologiche è in costante crescita ormai da qualche anno, rivelandosi un modello produttivo all’avanguardia, capace di unire innovazione e costanza produttiva a qualità e sostenibilità, portando grande soddisfazione a tutti i livelli della filiera.
Ne abbiamo parlato con Gianni Franco che, in quanto Key Account Manager Tomato high-tech per Seminis – Vegetables by Bayer, si prende cura dei produttori italiani di pomodoro per high-tech.
Qual è la principale differenza tra una produzione in serra hi-tech e una in serra normale?
Rispetto alla serra normale, la serra tecnologica consente di tenere tutte le variabili di coltivazione sotto controllo. Inoltre, coltivando fuori suolo e con varietà dedicate, si favorisce l’allungamento di vita delle piante, riuscendo a produrre per un ciclo molto più lungo, cosa che invece non è possibile in una serra tradizionale, dove i cicli sono di 6-7 palchi e le raccolte di soli 2-3 mesi.
Le serre hi-tech sono dunque un metodo di coltivazione all’avanguardia che consente di massimizzare la produttività, mantenendo uno standard qualitativo elevato per tutto l’anno. Come funzionano?
Le serre hi-tech richiedono un approccio imprenditoriale e cospicui investimenti, volti a far crescere le piante nel modo più idoneo possibile: mi riferisco agli impianti di controllo della temperatura, ventilazione, fertilizzazione, irrigazione e, non meno importante, l’impiego di manodopera altamente specializzata.
Il risultato è un aumento del calendario d’offerta e un prodotto dall’elevato standard di qualità, che viene mantenuto dal primo all’ultimo giorno di produzione.
Sostenibilità, risparmio energetico, rispetto dell’ambiente, sono oggi tematiche urgenti e importantissime che riguardano tutti noi e naturalmente anche il settore dell’agricoltura. In che modo l’innovazione portata dalle serre tecnologiche si inserisce in un futuro di sviluppo sostenibile?
Non si può negare che le aziende hi-tech siano grandi consumatrici di energia ma, grazie all’utilizzo di impianti di cogenerazione, hanno un bilancio energetico sostenibile.
Sono tutte dotate di vasche di recupero dell’acqua piovana e impianti di ricircolo della soluzione nutritiva, in modo da non eutrofizzare le acque superficiali o inquinare le falde acquifere.
Inoltre, grazie alle tecniche di “Precision Farming” e affidando impollinazione e lotta ai parassiti agli insetti utili, nelle serre hi-tech è possibile ridurre fortemente il consumo di acqua e azzerare, o quasi, l’utilizzo di prodotti chimici.
La coltivazione in serra tecnologica richiede dunque la ricerca e lo sviluppo di varietà di pomodoro dedicate. Quali sono le principali varietà DeRuiter per l’hi-tech?
In Bayer possiamo contare sulla tecnologia di DeRuiter, un brand con una lunga tradizione nel pomodoro per hi-tech e con un centro ricerche dedicato allo sviluppo di nuove varietà.
Tra le più diffuse posso menzionare: Marinice e Merlice, per la varietà a grappolo rosso; Delisher, per il datterino; Portento, nell’allungato; Juanita, nel ciliegino e Yelorita, come ciliegino giallo; infine, Strabena, per il pomodoro cocktail.
Parlaci del tuo ruolo di Key Account Manager Tomato Hi-Tech per Seminis – Vegetables by Bayer: in cosa consiste nello specifico il tuo lavoro?
Posso dire che mi prendo cura dei produttori di pomodoro hi-tech in Italia, cercando di intercettare i loro bisogni di produzione e proponendo loro delle soluzioni con i nostri prodotti e servizi.
Forniamo loro nuove varietà da provare, informazioni e dati per aiutarli e guidarli nel processo decisionale, supporto da parte di tecnici specializzati e, quando è necessario, anche consulenza nel marketing.
In Italia l’utilizzo delle serre hi-tech è meno sviluppato rispetto agli altri paesi europei: quali sono secondo te le motivazioni e come prevedi che si evolverà il settore nei prossimi anni?
In Italia abbiamo una lunga tradizione nella produzione in serra e, fortunatamente, la nostra geografia ci consente di privilegiare la coltivazione in suolo.
Tuttavia, i nuovi modelli di consumo, fortemente destagionalizzati, e la forza sempre crescente della GDO come punto di riferimento del consumatore, fa sì che le produzioni in serra tradizionale presentino dei limiti: mi riferisco appunto a una durata dell’offerta limitata e a una qualità non costante, che possono essere superati solo adottando le serre hi-tech come modello produttivo.
Nei prossimi anni il settore continuerà nel suo trend di crescita, grazie a un sempre più marcato apprezzamento da parte della GDO e alla comparsa di investitori privati, che vedono questo settore ancora molto indietro, rispetto ad altri settori economici, e dunque molto promettente.